Alberi e coltivazione di radici e funghi – una alleanza per l’ottimizzazione della produzione agroforestale nei climi temperati

Fonte: Robert Borek and Andrzej Księżniak (IUNG)

La micorriza è una simbiosi tra un fungo e una pianta. In cambio dei carboidrati assorbiti dai funghi dai tessuti delle radici della pianta, le piante, attraverso le ife dei funghi, guadagnano un miglior accesso all’acqua e ai nutrienti nel suolo.

L’inoculazione di piante micorizate può causare un aumento della produttività delle colture attraverso la promozione della crescita, migliorando la reazione agli stress ambientali (siccità, salinità, carenza di nutrienti, metalli pesanti, pH del suolo avverso), il biocontrollo dei patogeni (attivo e passivo) e un miglioramento nella qualità della produttività fogliare delle piante ospiti. I funghi aumentano la diversità e la stabilità dei microrganismi del suolo. Inoltre partecipano alla formazione della struttura del suolo (humus) grazie alla rapida decomposizione del carbonio da parte delle ife e all’attività di glomaline e lipopolisaccaridi che loro producono.

Tipi di micorrize e loro ruolo nei sistemi agroforestali

I suoli agricoli hanno, in comparazione ai suoli forestali, delle distinte proprietà fisico-chimiche così come differenti set di microrganismi, specialmente batteri e funghi, (Paul and Clark 1988). I suoli agricoli sono dominati da funghi endomicorriziali simbionti (indicate in questo documento come micorrize arboree (Fig 1) che colonizzano le radici del 90% delle piante erbacee: prati, cereali, ortaggi e tuberi. Le micorrize arboree sono presenti in alcuni alberi e arbusti da frutto e da legno, come meli, ciliegi, noce, pioppo, salice, robinia, gelso, frassino, corniolo. Un altro tipo di simbiosi molto comune è la micorriza ericoide che si trova, per esempio nel mirtillo.

 

Fig 1. Arbuscoli all’interno delle cellule delle radici, vescicole e ife dei funghi che formano le endomicorrize nel tessuto radicale.

     Fig 2. Ife extra-radicali di funghi ectomicorrizi nella rizosfera e sulle radici delle piante.

Nei suoli agricoli, non possono essere trovate né la presenza né l’attività dei funghi ectomicorizi (Cardon and Zoe 2011); questi funghi tendono a formare una collaborazione simbiontica con le latifoglie e le conifere. La presenza di ectomicorrize nelle radici degli alberi si manifesta attraverso caratteristiche radici corte e fini (Fig 2), e con la presenza di funghi sporigeni sotto gli alberi. I tipi di simbiosi appena menzionati (funghi ectomicorrizie e funghi arbuscolari) hanno una funzione simile in diversi tipi di piante.

I funghi ectomicorrizi aumentano la resistenza delle radici alle malattie (es. Fomes annosus, Armillaria), in quanto migliorano la salute della pianta e la sopravvivenza delle nuove piantagioni. Attraverso la stabilizzazione del suolo con la rete di ife, I funghi ectomicorrizi aumentano l’effetto antierosivo delle radici. Il controllo micorriziale della produzione delle sostanze fogliari della pianta (es. l’acido salicilico nel salice) può proteggere gli alberi dagli insetti e fornire un antibiotico naturale agli animali.

Gli alberi associati ai funghi micorrizici arbuscolari(es. melo, ciliegio, noce, pioppo, salice, robinia nera, gelso, frassino, corniolo) può fungere da serbatoio per le colture. Al di là di tutto, la rete micorriziale, nei sistemi agroforestali, può permettere agli alberi e alle colture di comunicare tra loro e migliorare lo scambio di acqua e di nutrienti.

Metodi di introduzione di funghi micorriziali nei sistemi agroforestali

La migliore scelta per le nuove piantagioni sono alberi che vengono da vivai in cui sono frequentemente inoculati con funghi ectomicorrizi (Fig 3.), o quelli che sono soggetti a micorrizazione naturale grazie alla loro localizzazione all’interno di complessi forestali. Dovrebbero essere usate specie di alberi autoctoni, visto che sono ben adattate alla zona climatica del sistema agroforestale progettato. I semenzali micorrizati, sia per radice nuda che per accrescimento cellulare, dovrebbero essere protetti dal disseccamento. Nel caso di micorrizazione delle talee, le istruzioni dei produttori di inoculi micorrizici, riguardo modi e tempi di applicazione della preparazione del sistema radicale delle piante, devono essere sempre seguite.

La micorrizzazione delle piantine deve essere eseguita immergendole nella sospensione micorrizica fino alla profondità di ½ dell’ammasso radicale e effettuando la messa a dimora meccanica o manuale.

Le piante a radice nuda ottenute dovrebbero avere il sistema radicale uniforme. Tagliando le radici troppo lunghe, si ottengono delle piccole serie di piantine che dovrebbero essere immerse nella sospensione micorrizica e piantate immediatamente.

Nel caso particolare della micorrizzazione del ceduo di salice a rotazione breve (Fig. 4.), questa può essere eseguita solo dopo che ogni salice abbia sviluppato il proprio apparato radicale, circa 2-3 mesi dopo la semina. L'applicazione dell'inoculante deve essere eseguita utilizzando un ago per l’applicazione in due fori. È essenziale che la temperatura, alla profondità del suolo di 10 cm, non sia inferiore a 12 °C. L'umidità del suolo dovrebbe ammontare al 60% della capacità idrica.

 

Fig. 3. Le piantine micorrizzate (a destra) sono caratterizzate da una migliore crescita e sviluppo del Sistema radicale, nel primo anno dopo la semina

 

Fig 4. Ceduo di salice a rotazione breve consociato a trifoglio in un Sistema agroforestale di Wakelyns Agroforestry, Suffolk, UK (Jo Smith)

L’inoculante in polvere di funghi micorrizici arbuscolari può essere applicato in alternativa all'inoculazione della radice fatta mescolando con acqua e spruzzando sul terreno attorno alla pianta, o con il rivestimento di semi o mediante iniezione di acqua.

La micorriza arbuscolare è spesso associata a microrganismi di promozione della crescita delle piante come i biofertilizzanti; tuttavia, l'efficacia di questa soluzione è considerata inferiore rispetto alle piantine inoculate. Con le colture annuali i biofertilizzanti possono essere distribuiti sulla superficie del suolo, da soli o al momento della semina, o per l'applicazione in solco. Possono essere applicati anche trattando direttamente i semi con polvere, impasto o rivestimento. In caso di applicazione a frutteti o piantagioni già consolidati, il biofertilizzante solido può essere sepolto vicino alle radici usando un erpice con iniezione dal distributore (Malusa e Ciesielski)

Per ottenere i risultati migliori è necessario un attento abbinamento tra pianta ospite, fungo e genotipo vegetale. È quindi della massima importanza utilizzare funghi adattati a livello regionale.

Le buone pratiche che favoriscono lo sviluppo della micorriza nella pianta

  • Livello intermedio di N e basso contenuto di fosforo nel terreno (Liu 2000, Johnson 1993)
  • Disturbi del suolo bassi o assenti (lavorazione ridotta, agricoltura conservativa) (Galvez et al., 2001, Kabir 2005)
  • Precisione e sostenibilità della gestione della nutrizione delle colture (fertilizzanti organici/compost/fertilizzanti a lenta cessione in quantità ragionevoli) (Douds et al., 2012, Ustuner et al., 2009)
  • Diverse rotazioni colturali (Larkin 2008) con colture di copertura e leguminose azotofissatrici (Njeru et al., 2015), riducendo le famiglie di piante resistenti alle micorrize (ad esempio Brassicaceae, Chenopodiaceae, Linaceae) (Peat and Fitter 1993).
  • Riduzione dell'applicazione di prodotti chimici (Miller e Jackson 1998, Carenho et al., 2000)
  • Combinazione di inoculazione di funghi arbuscolari con applicazione di biofertilizzanti e biopesticidi (Weber 2014)

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